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studio Celli Tognon 1963-1996

da dx: Carlo Celli, Luciano Celli e Dario Tognon nel loro studio nei tardi anni ‘70

ottobre 2012

decreto di interesse culturale dell’archivio CT

il 30 ottobre 2012 il Ministero per i Beni e le Attività Culturali ha decretato che il bene denominato Archivio dello Studio Celli Tognon è dichiarato di interesse culturale ai sensi dell’art.10 comma 3, lett. b) del D.Lgs n°42 del 2004.

Nella motivazione il ministero riferisce che l’archivio professionale presenta interesse ai fini della ricerca storica per gli studi riguardanti la progettazione architettonica, la pianificazione urbanistica, ma anche la politica del territorio e delle infrastrutture, segnatamente nella città di Trieste e in Friuli Venezia Giulia. Nell’archivio, formato da documenti che coprono un’arco di oltre trent’anni e ricco di oltre 250 progetti, vi è la testimonianza di tali esperienze, che emerge nell’attività creativa dello studio e nei rapporti intrattenuti con organismi amministrativi e di governo.

La consueta ironia nella nota dei primi anni ’90 del maestro Bruno Zevi, professore e mentore dei CT

Archivio di Stato

mostra per il trentennale di Celli Tognon

estratto dell’intervento di Luciano Celli


In questa occasione in cui si parla della vita trentennale dello Studio, vorrei ricordare - con dolore e con affetto - tre persone del nostro studio che non ci sono più: il geometra Bruno Mattiazzi, l'architetto Dario Tognon, l'architetto Marina Cons: a Loro, abbiamo pensato - con mio fratello Carlo - di dedicare idealmente questa mostra: quanto oggi possiamo vedere in queste sale è frutto anche del loro prezioso contributo; vorremmo fossero qui con noi, per partecipare alla presentazione di tutto questo lavoro prodotto in comune.


La mostra

… il salto temporale all’interno di queste sezioni (appunto del tutto arbitrarie dal punto di vista critico) rivela con evidenza, quali siano stati movimenti e tendenze che si sono succeduti negli anni del secondo ‘900, anni in cui operò lo studio e ai quali spesso lo studio aderì: in particolare il passaggio dal Moderno al Postmoderno.


Molti movimenti: vorrei citare per esempio il Neorealismo, che era nato negli anni ‘40 e che nel dopoguerra conservava sostanzialmente obiettivi di carattere sociale-economico legati alla realtà italiana. Erano nate così architetture di grande interesse di Mario Ridol, di Ludovico Quaroni, di Ignazio Gardella che miravano alla rivalutazione della vita comunitaria (vedi per esempio l'esperienza olivettiana).


ll Neorealismo: una scelta tradizionalista! Si attua in quegli anni una sorta di parallelismo tra architettura e cinema, che trova la sua espressione più alta nella poetica di Pasolini. Il cinema di Pasolini rappresenta comunque la conservazione: nel senso dei valori umani – la valorizzazione della storia — della cultura del territorio- della cultura rurale — la conservazione della lingua e degli affetti.


Louis Kahn e l'apertura alla storia

In quegli anni nel campo dell'architettura italiana, mentre sfuma la visione neorealista, mentre si colgono i primi sintomi dell'esaurimento della stagione del razionalismo ortodosso, si captano invece nel campo della cultura architettonica i primi segnali di apertura a nuove modalità compositive, e all'uso di parole proveniente dal vocabolario eterno dell'intera storia dell'architettura.


Louis Kahn, architetto estone emigrato in America — definito l'ultimo dei Maestri (dopo Le Corbusier, Wright, Mies van der Rohe, Gropius...) — studia le opere del passato (specie della classicità, del mondo romano), il passato come fosse un eterno presente...


Nella prassi progettuale contamina parole del presente e del passato, ritiene il comporre razionalista ormai esaurito, le parole chiave per leggere i suoi progetti sono memoria — citazione — ritorno all'immagine espressiva, rifiuta il comporre per elementi, tipico del razionalismo ortodosso, pensa invece ad un organismo concluso, basato su una idea-forma originaria. Sono i prodromi di un cambiamento profondo!


ln questo clima di grande dibattito culturale, di messa in gioco dell'intera prassi progettuale, del superamento di una logica funzionalista-strutturale, anche per noi - che avevamo esordito con rigorose espressioni puriste (spesso di carattere costruttivista, volumi decisi stereometrici, talora usando un linguaggio brutalista mutuato dalle esperienza inglesi) - anche per noi si apriva un nuovo percorso progettuale:


Paolo Portoghesi scriveva “ il percorso autocritico ha condotto i Celli Tognon fuori dal letto di Procouste del tardo modernismo in agonia”. Questa ricerca viene condotta con una evidente puntigliosa volontà di inquietare il passato e di recuperarlo in dissolvenza attraverso un uso accorto di elementi del linguaggio moderno, piegati a soddisfare nuove esigenze compositive”.


Così Portoghesi, mentre nella relazione ad un progetto di quegli anni scrivevamo — riguardo i precedenti storici utilizzati come citazioni o rievocazioni — scrivevamo che : “vanno letti , valutati e usati criticamente: così l'uso della simmetria va bilanciato con dissonanze, i tracciati di estrazione illuminista vanno contraddetti con disarmonie, gli impianti classici monumentali vanno corretti con improvvise riduzioni di scala".


“Una poetica della contraddizione e dell'intreccio — commentava ancora Portoghesi- della quale il pregio maggiore è quello di rispecchiare nella scala dell'architettura la complessità e contraddittorietà della città, irriducibile a qualunque tentativo di semplificazione.”


Hortus Conclusus

L'uscita dall’hortus conclusus della tradizione del Movimento Moderno - l'iniziazione ad un rapporto nuovo, aperto, dialettico con tutta l'architettura del passato - l'uso di citazioni, frammenti, stilemi, ornamenti - il recupero di modelli e archetipi questo passaggio d'approccio al Postmoderno (che ha segnato il fluire della lunga vita dello studio) ci sembra sia efficacemente rappresentato in questa mostra, dove in molti casi sono esposti accostati:


progetti ancora trattenuti dal mito della modernità

progetti ormai contaminati dalla memoria storica.


E’ il loro confronto che ancora oggi ci interessa: l'apparire fortemente datati spesso in modo contrastante, a testimonianza dei profondi mutamenti culturali che si sono succeduti negli ultimi decenni del ‘900.


Altre ovviamente sono le influenze che si leggono nei nostri progetti , influenze provenienti dal mondo dell'arte del secondo '900, un periodo particolarmente fertile: pop art, optical art, arte povera, uxus, Iand art...: tutti movimenti che seguivamo con attenzione: tracce evidenti di pop si leggono in diversi progetti di interior design.


ln questo lungo percorso siamo stati spesso affiancati da giovani architetti, specie nell'elaborazione di progetti per concorsi. Vogliamo dir loro grazie: con loro c'è sempre stato un dialogo aperto e costruttivo sui temi sollevati dal progetto; con loro abbiamo condiviso le avventure parigine (i concorsi delle Halles, dell’Operà, del Bicentenario della Rivoluzione Francese) veneziane (le Biennali di Architettura).


Corpo Urbano

Oggi molti temi s'impongono con urgenza a chi si occupa di architettura e di città. I problemi che si prospettano a chi intenda contribuire alla definizione delle modalità con cui l'uomo possa abitare il mondo nel modo migliore sono di natura complessa: perché la città è il luogo dove si esprime con maggiore evidenza il contrasto tra la volontà di sviluppo delle qualità umane e l'affermarsi di una visione altamente meccanizzata e tecnologica.


ln un recente numero della rivista Lettera Internazionale, monograco, dedicato al tema “Corpo Umano - Corpo Urbano", Biancamaria Bruno, nell'editoriale, scrive: “ La nuova utopia si chiama rete dei dati, il suo non-luogo d'elezione è la città, la Smart City, la “città invisibile" intuita da Lewis Mumford e da ltalo Calvino,... nell'attesa che diventino "intelligenti" anche le reti neuronali e sociali dei cittadini... Non sta scritto da nessuna parte che la tecnologia renda più urbani o più umani. La tecnologia è solo uno strumento, i contenuti sono un'altra cosa e, no a prova contraria, comportano che si sappia almeno leggere e scrivere."


Luciano Celli

Images and text © Celli Tognon. Use only by permission. 2016 

Photo Rozzol Melara © Gabriele Basilico. Use only by permission. 

text © Luciano Celli. Use only by permission. 2016.

Celli Tognon Rozzol Melara

rozzol melara celli tognon francesco piazza


Photo Rozzol Melara: Francesco Piazza per Abitare.

ABITARE 3 dicembre 2012

Insediamento IACP di Rozzol Melara Trieste di Carlo e Luciano Celli e Dario Tognon (1969-82)

Testo Riccardo Villa, fotografie di Francesco Piazza


“La presenza della dimensione pubblica accanto a quella privata, la densità di popolazione, la concentrazione di servizi, la presenza di spazi tipicamente urbani (la piazza, la strada pedonale), l’articolazione delle destinazioni d’uso, la plurifunzionalità, la varietà di situazioni interne ed esterne, costituiscono alcuni dei criteri fondamentali che hanno permesso di strutturare Rozzol Melara come parte di città, rifiutando quindi, finalmente, il ruolo di periferia degradata che è stato così spesso assegnato agli interventi popolari in Italia” (Carlo Celli)



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